Il mulino ad acqua fu un'invenzione del bacino orientale del Mediterraneo. Il primo documento scritto che ne rileva l'esistenza risale al I sec. a. C.
La sua introduzione nei processi di molitura segue l'adozione della macina a tronco di cono, documentata dagli scavi di Pompei e di Ostia. Le ruote di questi mulini potevano essere verticali od orizzontali.
Presso gli egiziani, i greci e i romani, i mulini erano mossi principalmente da animali, ma anche da schiavi, cittadini poveri, delinquenti condannati.
L'espansione del mulino ad acqua avviene nel corso del Medioevo, mentre quello a vento -già impiegato in Persia nel VII sec. d. C.- viene introdotto in Europa solo nel XII sec.
Il principio del funzionamento del mulino ad acqua è stato applicato a una vasta gamma di macchine operatrici (pompe, filatoi, magli, ecc.), in grado di utilizzare sia il movimento circolare continuo sia quello rettilineo, alternato attraverso l'impiego di alberi a camme e del meccanismo biella-manovella.
Le città medievali di pianura, ricchissime di ponti e di canali, diventarono le sedi ideali di numerosi mulini in tutta Europa.
La tipologia dei mulini dipendeva principalmente dalla natura dei corsi d'acqua che li alimentavano. Se il fiume aveva una portata rilevante e costante, era possibile collocare i mulini a filo d'acqua.
Molti erano anche i mulini galleggianti, collocati sui fiumi e sul mare, nonostante i pericoli derivanti dalla rottura degli ormeggi.
Il funzionamento dei mulini a marea era particolare: sbarrata un'ansa della costa, il flusso ascendente riempiva un serbatoio, la cui acqua veniva utilizzata nel momento della bassa marea. I primi mulini di questo tipo sono quelli del porto inglese di Dover, del XII secolo.
Le ruote erano generalmente di legno di quercia, cerchiate di ferro con alcune decine di pale e poggiavano su supporti rivestiti di piombo.
Anche i grossi alberi di trasmissione erano di quercia ed erano retti da sostegni in piombo, mentre altri ingranaggi erano di olmo e i loro denti si accoppiavano ai fusi di una ruota a gabbia.
Un grande albero centrale faceva muovere la macina superiore contenuta, insieme a quella inferiore fissa, in un cassone.
Tra le novità introdotte tra il XIX e il XX secolo, da segnalare la costruzione di parti in ghisa e acciaio al posto del legno, l'utilizzo di energie alternative come il vapore e l'elettricità, nonché l'impiego di macine di quarzo, più dure e capaci di reggere l'aumento della velocità di rotazione.
Con l'avvento dei mulini a cilindri, nel XIX sec., il cereale non viene più schiacciato e "confricato", ma passa attraverso coppie di cilindri rotanti di ghisa dura. In tal modo viene realizzato un prodotto più raffinato, riducendo il surriscaldamento delle farine e, conseguentemente, il loro deterioramento.
Viene anche eliminata, dopo diversi passaggi, la presenza della crusca. Il pane bianco, pur perdendo proprietà nutritive e alimentari per l'assenza di crusca e semolino, comincia da allora a rappresentare un vero e proprio status symbol sociale.
Oggi, nell'industria alimentare, per mulino s'intende l'intero impianto di trasformazione di grano e granaglie di farina.